La storia della propria terra… Tornano i siciliani Randone, a distanza di un anno dall’ultimo “…Ricordo”, e lo fanno in grande stile. Forse in modo un po’ pretenzioso e dilatato per i tempi odierni, con un concept album che comprende un’unica lunga suite di 52 minuti (con un secondo atto già in fase di composizione). Ma comunque in modo riuscito, che riesce a trasmettere i sentimenti del leader Nicola Randone e dei suoi amici della band, e che possono avere un forte appeal per gli appassionati di prog sinfonico.
I sentimenti dei Randone, in questo lavoro, sono tutti rivolti alla loro città natale e di residenza: Ragusa. L’opera concettuale è completamente dedicata alle vicissitudini più importanti attraversate da Ragusa sin dai tempi della Magna Grecia, quando la città era chiamata Hybla, fino al grande terremoto che la sconvolse nel 1693.
Ispirato dall’opera dello scrittore Mimì Arezzo sulla storia di Ragusa Ibla, i Randone intessono un lavoro di squadra, finalmente, che attraversa vari generi di rock progressive le cui coordinate principali vanno cercate nel movimento progressivo italiano degli anni ’70.
Legati indissolubilmente a quelle matrici sonore, rafforzate dalla presenza e dal tocco di classe del loro produttore Beppe Crovella al mellotron, minimoog e Wurlitzer, i Randone non dimenticano anche le loro origini hard-rock risalenti ai tempi dei Grey Owl. Come in “Guerra Agli Invasori” in cui Marco Crispi alla chitarra si concede a una cavalcata in pieno stile metal.
A rendere drammatici i momenti di “battaglia” raccontati dal concept vi è la voce del baritono Carmelo Corrado Caruso contrapposta alla potente e vellutata voce femminile di Bianca La Rosa, perfetta sostituta della bella e brava Maria Modica del disco precedente.
Si arriva al periodo di “Enrico VI e la Corona di Ferro” e alle vicende intestine tra i nobili locali, “Veglia Funebre per il Conte Guglielmo, “La Principessa Triste” e “Manfredi Chiaromonte”, con sferzate hard rock, dolcezza d’intarsi di chitarre acustiche e organi zigzaganti, sui quali il violino di Lautaro Acosta duella col minimoog di Crovella impreziosendo melodie già così mediterranee sostenute dai vigorosi tempi irregolari di Riccardo Cascone e Livio Rabito.
C’è forse qualche barocchismo di troppo che andrebbe limato come in “Gian Battista Odierna”, brano che sembra preso a piene mani dal repertorio dei New Trolls migliori di “Le Roi Soleil”. Ma non è necessariamente un difetto: è un prova della bravura corale dei Randone.
Sino alla chiusura del disco le variazioni legate tra loro senza soluzione di continuità esaltano la tecnica strumentale dei musicisti non fine a sé stessa ma al servizio delle idee melodiche, numerose e valide, molto italiane nella loro struttura. Gli inserti di sax suonati da Graziano Raniolo rendono più jazzy alcuni passaggi molto vicini tra loro, avvicinandoli a qualcosa di “mestieristico” nei profumi.
I riferimenti armonici e melodici sono quelli di sempre: PFM, Banco, Orme e durezza del Biglietto per L’Inferno. Essi si miscelano alla ruvidità delle chitarre distorte e ad altri elementi senza inquadramenti ben delineabili. L’idea poi di unire graziosità bluesy, jazz-prog, la vena cantautorale di Randone, il rock più energico e il canto lirico assolutamente “made in Italy” sono un ottimo esempio delle intenzioni progressive della band.
Oltre alla sempre più forte partecipazione strumentale di Crovella, è evidente un’iniezione di “arti & mestieri style” sulla caratteristica voce di Randone e sulle melodie marchio di fabbrica dei Randone come band, un’interessante esperimento che fa di questo disco il punto più alto dei Randone finora. Lo avevamo detto anche per “…Ricordo”, ma la band riesce a sfornare un disco migliore ogni anno.
Anche questo cd è impreziosito dai suggestivi dipinti di Franco Cilia.
Attendiamo il secondo atto.
Daniele Cutali