Confezionato con cura ed attenzione per ogni singolo particolare, Morte di un amore, esordio del cantautore siciliano Nicola Randone, è un album ambizioso, ben concepito e che merita di essere ascoltato con attenzione.
L’opera appare impiantata principalmente sulla fusione tra stile cantautorale e armonie ariose e imponenti, tuttavia si fa trovare aperta ad ogni tipo di contaminazione ed esperimento, caratteristica che fa di Morte di un amore un disco completo ed interessante.
Un malessere di fondo attraversa tutto l’album ed è di esso principale fonte di ispirazione, un’amarezza lucida e pungente sparge il suo acre odore tra i solchi di tutto il lavoro investendo chi l’ascolta. Non originalissimi gli argomenti trattati nei testi che risultano comunque incisivi e ben scritti sebbene qualche troppo complicato e pesante giro di parole sancisca qualche caduta di stile (La giostra).
Non convince appieno neppure il reggae de Il pentimento di Dio mentre riservano positive sorprese la psichedelia ambient di Visioni e Tutte le mie stelle, ballata in chiarissimo stile cantautorale da cui si sente, qui più marcatamente che in altri brani, una vicinanza stilistica al Battiato dei primi tempi.
Un cantato, quello di Nicola Randone, che sa essere, al contempo, teatrale ed istrionico, profondo ed intimista; un’ottima capacità, la sua, di manipolare una voce che è già di per sè ben impostata.
Il finale dell’album è affidato ad un mini-concept composto dagli ultimi tre brani: l’amore in tutte le sue morti è il nocciolo del discorso che si snoda attraverso la morte della passione (Strananoia), la solitudine (Amore bianco) e la fine dell’amore che lascia posto a rabbia e dolore, cantati nella title-track sorprendente nelle sue salite prog-rock.
Molta carne al fuoco, solo una piccola parte della quale non gradiamo appieno il sapore; un lavoro, nel complesso, positivo.