23 Gennaio 2003
Tales Of Wonder

L.A.

La mia prima intervista completamente in italiano (ma la traduzione in inglese arriverà presto) è dedicata ad un artista italiano emergente, Nicola Randone uscito recentemente con il suo primo lavoro solista dal titolo "Morte di un amore". Proprio il suo debutto discografico è il protagonista della mia chiacchierata "virtuale" con Nicola…

Ciao Nicola, complimenti per il disco e per il tuo sito molto curato e graficamente accattivante. Come ho già avuto modo di dirti, a me personalmente l’album non è piaciuto immediatamente ma ho avuto bisogno di una manciata di ascolti per assimilarlo ed apprezzarlo in tutta la sua bellezza. Questo di solito mi capita quando non ho a che fare con album superficiali.

Mi dici i 2 motivi principali per cui consiglieresti di acquistare "Morte di un amore"?

N.R.

Sicuramente quello che hai detto in relazione al fatto che è un album da ascoltare ripetutamente, è vero…non so se questo possa essere un bene, soprattutto per chi ha un orecchio già educato. E’ vero che gli album che non piacciono subito durano di più, è anche vero però che un album davvero importante (vedi Darwin del Banco o Contrappunti delle Orme o ancora Foxtrot dei Genesis) piace subito e, col tempo, piace anche di più, quindi immagino che debba fare ancora della strada prima di poter raggiungere un livello di espressione adeguato. Tornando ai 2 motivi ritengo che il mio album possa meritare almeno più di un ascolto perché non è stato costruito allo scopo di vendere, l’ispirazione quindi è piuttosto genuina e non contaminata da riflessioni legate al business discografico; il secondo motivo potrebbe essere quello legato ai testi delle canzoni che, credimi, sono partoriti in maniera assolutamente spontanea con pochissimi rimaneggiamenti.

L.A.

C’è chi da un album ricerca esclusivamente emozioni derivanti dalla melodia sia vocale che musicale e chi invece si sofferma volentieri anche sulle liriche. Mi sembra che "Morte di un amore" sia in grado di soddisfare un po’ tutti…

N.R.

Grazie, questa è un’osservazione che mi fa molto piacere. In un’intervista a DEMO i conduttori mi hanno chiesto "ma per te sono più importanti la musica o le parole?"… sigh, cosa vuoi rispondere in questo caso. Se si vogliono scrivere belle parole e basta si fa una poesia, è più semplice ed è più libera… una canzone richiede che la forza delle parole venga amplificata dalla musica e viceversa quindi entrambe devono andare a braccetto, o almeno questa è la mia filosofia nel fare musica cui sto cercando col tempo di dare più coerenza. Ciò non toglie che ci siano grandi opere della musica in cui i testi sono stati più importanti, vedi De Andrè, Guccini, Gaber, come anche altre in cui il testo assume un ruolo di secondo piano (vedi Pfm, Arti e Mestieri, Yes, Emerson Lake and Palmer)… qui ovviamente si sceglie in base al gusto.

L.A.

E allora parliamo proprio delle liriche da cui traspare chiaramente un profondo legame nostalgico e malinconico al passato (paradossalmente anche in "La Giostra" dove descrivi situazioni che tutti quanti speriamo non si ripetano) ed il concetto di tempo viene più volte ripreso. Quali sono i messaggi che hai voluto lanciare ?

N.R.

Il messaggio principale è un insieme di cose legate al mio mondo interiore ed alla vita in genere. Qualunque uomo in questa nuova società, che non sia cocainomane nè manager, se apre bene gli occhi e guarda al presente vede: cittadini trasformati in consumatori, uomini fagocitati dalla pubblicità e dai miti delle vacanze sul nilo… cattiveria e follia che dilagano su uno scenario dove dio è sempre meno presente.

Ho creduto nel mondo quand’ero adolescente, pensavo di poterlo cambiare con la poesia, con la letteratura, con la partecipazione politica ma… adesso, a 30 anni, mi accorgo che non siamo più nell’italia del dopoguerra, quella di cui mi parla mio padre, quella in cui si è vissuto un periodo di vera crescita economica e culturale che ha avuto il suo apice nei mitici anni 70. I ricchi hanno deciso di avviare quell’involuzione che ci porta sempre più verso il modello consumistico dei tanti odiati States che poi finiamo sempre per imitare.

Ultimamente non credo molto nella gente, anzi credo che la maggioranza di questi sia schiava di mode e business ed incapace di un qualsiasi pensiero critico distaccato; rivolgermi al passato quindi mi fa stare un po’ meglio, un passato un cui a decretare il valore di qualsiasi opera artistica era un esibizione pubblica e non passaggi televisivi o cartelloni appesi per tutta la città.

Crescendo poi vedo la spensieratezza e le più belle emozioni della vita spegnersi pian piano per essere sostituite da un cinismo inkazzato e da una disilussione generale. Questo mio “Io bambino ribelle” si scatena componendo e riporta l’”io bambino adattato”, che sono normalmente, agli anni in cui contestava e godeva semplicemente di questo, agli anni in cui l’amore era ancora una bella favola.

L.A.

Ho letto con piacere molte recensioni di "Morte di un amore" pubblicate su web-magazines stranieri specializzati in progressive rock. Ciò, nonostante l’album in molte sue porzioni sfugga a mio parere dai canoni del progressive cosiddetto "puro".

Cosa, secondo te, ha attirato l’attenzione e le critiche molto positive degli appassionati prog ? Forse la definizione primordiale e non restrittiva che è stata data in passato di musica in evoluzione che cerca sempre nuove alchimie e nuovi orizzonti ?

N.R.

Si, penso sia questo. Il nuovo prog, specialmente quello italiano, mi pare troppo legato agli schemi del passato: tempi scomposti, stacchi, lunghe parti strumentali. Io ho sempre visto il prog come una musica libera, riesco a sentire il prog in Vorrei Incontrarti di Alan Sorrenti o in Frutto Acerbo delle Orme, ma anche in brani come La Cura di Battiato… per essere definita prog una canzone o suite non deve per forza partire in 7/8 e finire in ¾ ed avere dentro l’inferno in parti, credo che la cosa importante sia che è stata composta liberamente e, quando lo è, chi non ha pregiudizi lo capisce.

L.A.

Musicalmente il disco suona molto italiano, diciamo un pop-rock elegantemente travestito di progressive ..sei d’accordo?

N.R.

Decisamente. La ragione è anche dovuta al fatto che non ho avuto un gruppo come supporto alle mie idee musicali che nascono con un piano o una chitarra 12 corde. Un gruppo è sempre un gruppo, se ascolti i brani che ho ereditato dai Grey Owl, Morte di un amore e La Giostra, li senti diversi dagli altri. Questo è anche il motivo per cui adesso, per il nuovo lavoro, sto lavorando con un gruppo.

L.A.

Se potessi ripubblicare "Morte di un amore", cosa cambieresti ?

N.R.

Sai, quando ho pubblicato Morte di un amore mi son detto: finalmente, anche questa è fatta. La bellezza di un’opera finita non sta tanto nel fatto che possa o meno essere perfetta, ma piuttosto nel fatto che immortali un momento della tua vita. Adesso, dopo tutte le critiche ricevute, se dovessi rifare Morte di un amore sarei già più condizionato: magari toglierei alcune parole da certe frasi o ridurrei l’atmosfera reggae del Pentimento, a riascoltarlo però come opera definitiva lo sento perfetto, per me naturalmente, e sono contento di non dover più pensare a come migliorarlo.

L.A.

Quali album stai ascoltando in questo periodo e quali sono i gruppi più o meno famosi che costituiscono il tuo background musicale?

N.R.

Ti sembrerà strano, ma proprio in questo periodo sto ascoltando SIx Degrees etc etc dei Dream Theater. Mi piace come questo gruppo riesca a fondere momenti estremamente complessi e
tecnici con altri al limite del pop. E’ bello perché comunque non c’è niente di scontato e perché il concept album sta tornando di moda.

Riguardo il mio background non c’è dubbio che a tempestare di paranoie la mia adolescenza ci siano stati i Pink Floyd e i Genesis di Peter Gabriel. Dai 20 anni in poi la scoperta del prog italiano ha poi definitivamente segnato i miei gusti: Banco in testa seguiti da Le Orme, Locanda delle fate, Edgar Allan Poe, Metamorfosi, Arti e Mestieri, Biglietto per l’inferno e tanti altri magari semisconosciuti… il prog italiano è davvero eccezionale.

L.A.

Che opinione hai della musica italiana in generale e da dove deriva secondo te la grande sensibilità che ha permesso alla Sicilia di partorire alcuni fra gli artisti italiani più bravi, ispirati e spesso controcorrente (mi riferisco a Franco Battiato in passato ed a Carmen Consoli più recentemente) ?

N.R.

Attualmente la musica italiana mi delude sotto tutti i punti di vista, mi delude la Pfm con i suoi tentativi di somigliare a tanta musica insignificante che viene proposta come alternativa, mi delude il Banco. Riguardo la sensibilità degli artisti siciliani che sono emersi rispetto ad altri ti dirò, sarà che qui da noi ancora non è arrivato lo stress e l’individualismo esasperato che affligge l’italia intera ma soprattutto perché, almeno qui da noi, per chi non ama le discoteche non c’è molto altro da fare.

L.A.

Progetti per il futuro? Disco nuovo? Concerti?

N.R.

Molti progetti già concretizzati. A febbraio esce un mio brano registrato coi Tempore di Sergio Ponti nella compilation finlandese Kalevala prodotta da Musea Records. A metà marzo passerò 15 giorni nello studio di Beppe Crovella, Electromantic music, mio nuovo produttore per concretizzare il contratto che mi vede come nuovo artista della scuderia Electromantic sempre insieme ai Tempore. L’album, da parte mia già concepito e pronto, è una suite di 45 minuti circa intitolata “L’uomo di pietra, il vecchio ed il fantasma del musicista”. I concerti spero arriveranno dopo la presentazione.

L.A.

Grazie della tua disponibilità Nicola….

N.R.

Grazie della tua disponibilità e soprattutto delle tue parole.

Luca Alberici